lunedì 23 marzo 2009

Il diritto all’accreditamento.

La natura di diritto dell’istituto dell’accreditamento, già ipotizzata nel sistema del d.lgs. 517/93, ha trovato la sua prima conferma da parte dello stesso legislatore con la legge 23 dicembre 1994 n. 724(1). L’art. 6 comma 6 affermava principi di grande importanza: libera scelta da parte dell’assistito, diritto all’accreditamento, accreditamento transitorio. Esso testualmente recitava “La facoltà di libera scelta da parte dell'assistito si esercita nei confronti di tutte le strutture ed i professionisti accreditati dal servizio sanitario nazionale in quanto risultino effettivamente in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente e accettino il sistema della remunerazione a prestazione. Fermo restando il diritto all'accreditamento delle strutture in possesso dei requisiti di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, per il biennio 1995-1996 (accreditamento provvisorio) l'accreditamento opera comunque nei confronti dei soggetti convenzionali e dei soggetti eroganti prestazioni di alta specialità in regime di assistenza indiretta regolata da leggi regionali alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 502 del 1992, che accettino il sistema della remunerazione a prestazione sulla base delle citate tariffe”.
Quindi, alla luce dell’articolo 6, comma 6, della n. 724/1994, Legge Finanziaria 1995, per accreditamento si intendeva una “omologazione ad esercitare che poteva essere acquisita se la struttura avesse disposto, effettivamente, di dotazioni strumentali tecniche e professionali corrispondenti ai criteri definiti a livello nazionale”(2)
. Dalla sussistenza della libertà di scelta e di un diritto all’accreditamento, discendeva l’esistenza di una parificazione tra strutture pubbliche e private. Il comma 7 dell’art. 6 eliminava dal comma 5 dall’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs. n. 517, l’indicazione per cui le istituzioni sanitarie private erano si inquadrate nel Servizio sanitario ma solo sulla base di criteri di integrazione con il servizio pubblico. L’abbandono del concetto di integrazione voleva portare ad una vera e propria parificazione tra struttura pubblica e privata a fronte della Azienda Usl che non era più erogatrice diretta delle prestazioni, ma era il soggetto che provvedeva alle esigenze degli utenti attraverso i propri presidi, pubblici e privati, tutti collocati sullo stesso piano.
Anche la giurisprudenza, in quegli anni, e precisamente la Corte costituzionale ipotizzava l’esistenza di un diritto all’accreditamento. Le Regioni Lombardia, Emilia Romagna e Sicilia avevano, infatti, proposto questione di legittimità costituzionale relativamente all’art. 6 comma 6 della legge 724 del 1994. Esse sostenevano da un lato che tale norma, stabilendo il diritto all’accreditamento delle strutture in possesso dei requisiti tecnici previsti dalla legge, avrebbe determinato un utilizzo incompleto delle strutture pubbliche; dall’altro che l’allargamento del numero degli erogatori per conto del Ssn avrebbe portato ad una dilatazione della spesa sanitaria, dovuta ai costi del mantenimento delle strutture sanitarie pubbliche e a quelli derivanti dalle prestazioni degli erogatori privati.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 416 del 28 luglio 1995(3)
dichiarava la manifesta infondatezza della questione e la conseguente legittimità della norma, offrendo, inoltre, un’importantissima definizione dell’accreditamento delle strutture sanitarie come: il riconoscimento ad opera delle Regioni, del possesso, in capo ad organismi sanitari di cura, di specifici requisiti – c.d. standard di qualificazione – che si risolve nell’iscrizione in un elenco al quale gli utenti delle prestazioni sanitarie possono attingere liberamente.

 
(1) Gazzetta Ufficiale n. 304 Suppl.Ord del 30/12/1994
(2) CALANNI R.“Accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e tetti di spesa tra libertà di scelta e diritto di iniziativa economica - brevi riflessioni.” Ambiente e Diritto 2004.
(3) Corte Costituzionale 28 luglio 1995 n. 416, in Cons. Stato, 1995, II, pag. 1331