venerdì 27 marzo 2009

Nuova disciplina dell'accreditamento

Il 19 giugno 1999 viene emanato il Decreto Legislativo n. 229, titolato "Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419"(1). Tra le importanti innovazioni apportate dal decreto analizzeremo quelle relative al tema di questo blog, quindi, ai rapporti tra organizzazione pubblica ed erogatori privati.
Del vecchio art. 8 del d.lgs. n. 502, modificato dal d.lgs. n. 517 che dettava le norme in materia di accreditamento e di rapporti con le strutture sanitarie private, viene mantenuto solo il comma 4, che riguarda l’individuazione con atto di indirizzo e coordinamento dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private.
I vecchi commi 5, 6 e 7 vengono abrogati e la disciplina che in essi era contenuta viene interamente riscritta nei nuovi articoli 8 bis, ter, quater, quinquies, sexies, septies, octies.
Tali articoli dispongono rispettivamente in tema di autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali; autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie e socio sanitarie; accreditamento istituzionale; accordi contrattuali; remunerazione; prestazioni erogate in forma indiretta; controlli.
Ai sensi dell’art. 8 bis le Regioni sono individuate titolari del servizio(2)
; infatti sono queste che devono assicurare l’erogazione delle prestazioni quindi i livelli essenziali di assistenza. Ne consegue che l’Azienda Usl resta un semplice erogatore, insieme ad altri soggetti, tutti espressamente individuati e posti, almeno in teoria, sullo stesso piano:
° Presidi gestiti direttamente dalle Aziende Unità sanitarie locali;
° Aziende ospedaliere;
° Aziende universitarie;
° Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;
° Soggetti accreditati ai sensi dell’art. 8 quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all’art. 8 quinquies.
L’articolo ribadisce, dopo, che i cittadini esercitano la libera scelta del luogo di cura e dei professionisti nell’ambito di tutti i soggetti accreditati con i quali siano stati definiti accordi contrattuali, il che consente di collocare sullo stesso piano strutture pubbliche e strutture private.
L’articolo 8 del d.lgs. 229, inoltre, anticipa il sistema dell’accreditamento, disciplinato negli articoli successivi. Infatti prevede che per poter esercitare attività sanitarie sono necessarie due autorizzazioni: l’autorizzazione alla realizzazione di nuove strutture e l’autorizzazione all’esercizio di attività socio sanitarie. La disciplina delle stesse è contenuta nell’art. 8 ter. Quindi puntualizza che l’esercizio delle summenzionate attività è subordinato altresì all’accreditamento istituzionale, di cui all’art. 8 quater, e agli accordi contrattuali di cui all’art. 8 quinquies, allorquando si sia alla presenza rispettivamente di esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e a carico del Servizio sanitario nazionale. Sostanzialmente, delinea i tre passaggi dell’autorizzazione, dell’accreditamento e degli accordi contrattuali, che nel sistema cosiddetto delle tre “A”, permetteranno ad una struttura di erogare prestazione per conto e a carico del Servizio sanitario nazionale(3)
.
Sulle autorizzazioni interviene in maniera specifica il successivo art. 8 ter. L’articolo disciplina, innanzitutto, quanto accennato dall’articolo precedente(4)
. Il primo tipo di autorizzazione costituisce una novità nel nostro ordinamento, il quale, fino a quel momento, non collocava barriere quantitative in ordine alla realizzazione di strutture sanitarie. Tale atto è necessario per la costruzione di nuove strutture, l’adattamento delle strutture già esistenti e la loro diversa utilizzazione, per l’ampliamento o la trasformazione, nonché il trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate. Oggetto di tali autorizzazioni, ai sensi della seconda parte del comma 1, sono:
°le strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno per acuti;
°le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale;
°le strutture sanitarie e socio sanitarie che erogano prestazioni in regime residenziale.
In particolare per procedere a tali attività, ai sensi del comma 3, il Comune prima di emanare i provvedimenti di propria competenza in materia edilizia, deve anche acquisire la verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione. Tale verifica viene effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale. Notevoli limitazioni derivano dall’imposizione di questo tipo di autorizzazione. Da un lato tale autorizzazione potrebbe da un certo punto di vista apparire quanto meno eccessivamente limitante, soprattutto in considerazione del fatto che si è in presenza di strutture che non necessariamente andranno ad incidere sul Servizio sanitario nazionale(5)
. Inoltre, potrebbe essere oggetto di possibili rilievi di illegittimità costituzionale, in considerazione del fatto che si ha una compressione della libertà di iniziativa economica privata ex art. 41 della Costituzione, e si opera una programmazione dei poteri comunali non con atti programmatori generali ma con singoli provvedimenti(6). Una limitazione che incide già sulla prima fase di un procedimento, inevitabilmente produce effetti anche su quelle successive. Il secondo tipo di autorizzazione, invece, quella per l’esercizio, è sempre stata contemplata nel nostro ordinamento. Essa, ai sensi del nuovo art. 8 ter, si applica ai quattro tipi di organizzazioni sanitarie già contemplati in ordine alla autorizzazione alla realizzazione. Vale a dire: gli studi medici di base, gli studi medici complessi, le strutture sanitarie, le strutture socio sanitarie.
Il nuovo sistema sembra dar vita ad un vero e proprio mutamento della natura dell’atto di autorizzazione. Infatti, l’autorizzazione che in base alla normativa precedente finiva per essere sostanzialmente un atto vincolato, che doveva necessariamente essere emesso in presenza dei requisiti che a tal fine erano stati previsti dalla legge. Nel nuovo sistema sembra assumere natura in qualche modo discrezionale, subordinata com’è da un lato, al possesso di specifici requisiti di carattere essenzialmente tecnico, ma dall’altro anche alla verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione, che viene effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale. Oltre a questo, l’ultimo comma dell’articolo 8 ter dispone nel senso che saranno le Regioni a determinare le modalità ed i termini per la richiesta e l’eventuale rilascio dell’autorizzazione alla costruzione di strutture e all’autorizzazione all’esercizio di attività socio sanitarie, prevedendo la possibilità del riesame dell’istanza, in caso di esito negativo, o di prescrizioni contestate al soggetto richiedente. Inoltre, le Regioni stesse determineranno gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, definendo idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati.
Nella nuova disciplina, quindi, assume posizione di centralità la programmazione sanitaria. Essa costituisce un vero e proprio “limite esterno” alle attività sanitarie svolte nell’ambito del Ssn, infatti, l’autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie, l’accreditamento istituzionale e la stipula degli accordi contrattuali con i soggetti erogatori, vengono commisurati, rispettivamente, al fabbisogno complessivo sul territorio di riferimento attraverso una preventiva verifica di compatibilità da parte della regione, al fabbisogno di assistenza definito in sede di pianificazione sanitaria regionale ed, infine, al fabbisogno previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale(7)
.
Nel 1999 le regioni Puglia e Lombardia, con alcuni ricorsi, sollevarono questioni di legittimità costituzionale avanzando numerose censure aventi ad oggetto, tra gli altri, l’art. 8 del d.lgs. n. 229 del 1999, eccependo, tra l’altro, l’illegittimità delle norme che subordinano la realizzazione delle strutture sanitarie e l’esercizio delle attività sanitarie all’autorizzazione prevista dall’art. 8-ter, nonché di quelle che (in particolare l’art. 8-bis, comma 3, e l’art. 8-ter, commi 4 e 5) ne regolamentano i requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi, stabiliti con modalità che violerebbero principi e criteri direttivi della legge-delega. In particolare, in contrasto con la legge delega sarebbero: l’art. 8-quater, del d.lgs. n. 502 del 1992, in quanto recherebbe una disciplina in materia di accreditamento penalizzante delle strutture private; l’art. 8-quinquies, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, in materia di accordi contrattuali, che non rinverrebbe fondamento nella legge-delega e violerebbe le competenze regionali nella materia sanitaria, così come la disciplina delle remunerazione delle prestazioni (art. 8-sexies del d.lgs. n. 502 del 1998), mentre l’art. 8-septies del d.lgs. n. 502 del 1992, riguardante l’assistenza indiretta, sarebbe stato emanato in mancanza di delega.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 510 del 20 novembre 2002(8)
dispose la riunione dei giudizi con quelli promossi dalla Regione Veneto e dalle Province autonome di Trento e Bolzano, in quanto: i ricorsi sollevano questioni di legittimità costituzionale che hanno ad oggetto, in larga parte, le stesse norme e in riferimento a profili e parametri costituzionali sostanzialmente coincidenti; quindi li dichiarò inammissibili affermando: “In definitiva, nella vicenda in esame, risulta evidente la sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti, poiché, da un lato, fino alla data di entrata in vigore della legge di modifica del Titolo V della Costituzione, le norme statali impugnate non hanno prodotto alcun effetto invasivo della sfera di attribuzioni regionali, mentre, dall'altro lato, proprio a partire da tale data le medesime norme possono essere sostituite, nei limiti ovviamente delle rispettive competenze, da un'apposita legislazione regionale”.


(1) Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 1999 - Supplemento Ordinario n. 132
(2) E’ stato accolto in tal modo uno dei rilievi che erano stati formulati dall’Autorità
Garante della concorrenza con la segnalazione n. 145 del 1998
(3) Alcuni autori scindono la fase dell’autorizzazione in due parti e definiscono il sistema come “della quattro A”
(4) Non è stata quindi tenuta in considerazione la preoccupazione in ordine alla duplicazione dei modelli autorizzatori espressa dall’Autorità garante della concorrenza con la segnalazione n. 145 del 1998
(5) In questo senso R. BALMA, G. CLERICO, L’accreditamento in sanità, in I servizi sanitari in Italia – 2000, a cura di G. FIORENTINI, Bologna,
Il Mulino, pagg. 239 e segg
(6) C. CORBETTA, La sanità privata nell’organizzazione amministrativa dei servizi sanitari, 2004,
Maggioli Editore, pag. 196
(7) 
Luiss “Guido Carli”, Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche “V. Bachelet”, Libro bianco sui principi fondamentali del servizio sanitario nazionale, 2008, pagg. 45 e segg.
(8) Corte Costituzionale, 20 novembre 2002, n. 510, su
Consulta On line